8
Mar
2011
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Alle mie giovani amiche torinesi, figlie dell’immigrazione e dell’Italia che cambia…un pensiero per l’8 marzo

Care ragazze,
dedico a voi qualche pensiero sull’8 marzo, questa giornata che adesso ha il sapore delle mimose e delle cene in pizzeria tra amiche e che probabilmente ha perso, come tante cose, un po’ di senso.
Dedico a voi qualche pensiero, perché siete giovani donne dell’Italia di oggi. Proprio perché avete negli occhi e nel cuore pezzi di mondo tutto vostro, e per spiegarcelo usate la lingua che abbiamo in comune e nelle sfumature delle parole qualche volta vi perdete, come ci perdiamo noi.
Siete giovani donne dell’Italia di oggi: un’Italia un po’ smarrita, che non sa bene chi è e cosa stia diventando. Un’Italia che ha paura, e che cresce i suoi figli distrattamente e con un po’ di crudeltà. Un’Italia un po’ vecchia e rabbiosa.
La vostra vita è qui: le vostre famiglie, i vostri affetti, il vostro futuro sono qui. Ma voi siete anche figlie del mondo, dei vostri paesi, dei vostri nonni che vi pensano e che pregano per voi. Siete figlie dei vostri genitori, delle vostre madri che si interrogano su come crescerete, su come farete ad essere felici, su come riuscirete a diventare adulte. E che sognano, come tutti i genitori del mondo, di sapervi belle, sane, grandi, felici, forti abbastanza da restare in piedi nonostante la vita.
Dedico questi pensieri a Norma, la mia bambina anche lei giovane donna dell’Italia di oggi. Perché è nel suo sguardo tenero e sicuro che leggo la forza di voler sognare la vita. Io dedico a lei tutti i miei sforzi per consegnarle un mondo migliore, dove dovrebbero valere le persone e basta, senza distinzione di sesso, razza, religione, idee. Quel mondo descritto, con commovente sacralità laica, nell’articolo 3 della Costituzione che voi avete imparato a raccontare.

L’otto marzo ricorda una terribile tragedia, avvenuta l’8 Marzo 1908, a New York.
101 anni fa morirono 129 donne, le operaie della fabbrica tessile “Cotton” che avevano deciso di scioperare per protestare contro le pessime condizioni in cui erano costrette a lavorare in cambio di pochi dollari.
Queste 129 donne erano immigrate italiane, irlandesi, polacche, tedesche.
Prima in America, poi in Europa, l’8 marzo è diventato il giorno del ricordo di quelle donne – nostre nonne e bis nonne – che sono morte rivendicando diritti.
Donne immigrate, partite con il Piroscafo per attraversare l’Atlantico verso Ovest con i loro mariti, figli, genitori.
Oggi le rotte sono cambiate: si attraversa il Mediterraneo, l’Atlantico, il Pacifico.
E ci ritroviamo qui, insieme. A pensare il futuro, a costruire la nostra vita, a interrogarci su come faremo e se ce la faremo. Ci ritroviamo qui, in questo nostro paese che rischia di dimenticarsi delle sue nonne e bis nonne salite nella pancia di una nave e andate a morire in una fabbrica di New York, tanti anni fa.
Per questo dedico a voi qualche pensiero, perché siete voi giovani donne che rendete attuale questa giornata.
Li dedico anche alla mia nonna quasi centenaria, che ha trasmesso alle sue figlie, alle sue nipoti e oggi alle sue bis-nipoti la dignità e la forza di conquistarsi la vita giorno per giorno, senza arrendersi mai, confidando nel proprio cervello e nel proprio lavoro. E nell’indistruttibile forza delle donne che non abbassano mai gli occhi, e non si fanno mettere nell’angolo da nessuno.
Stiamo vivendo tempi cupi, le parole che volano sono cattive. Rischiamo che arrivi l’onda di piena dell’intolleranza e del razzismo. Ma come mi ha scritto una di voi qualche giorno fa, impareremo a nuotare nell’onda. Perché abbiamo spalle forti e una resistenza incrollabile.
Tanti auguri, ragazze. A voi e alle vostre madri e sorelle.
Ilda

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