La Casa di Tutti. Città e biblioteche. Una lettura per progettare futuro
pubblicato in Letture lente, Agenzia CULT
In queste pagine si racconta di libertà, di democrazia, di un mondo che ricuce le diseguaglianze tessendo nuove reti e nuovi legami. Si parla di biblioteche perché rappresentano la sineddoche di come dovrebbero essere le nostre città e le nostre comunità: aperte, disponibili, belle, accoglienti. Solidali e capaci di generare fiducia e nuovi legami sociali.
La sineddoche si esplicita nel fatto che il particolare della biblioteca determina il generale della città, del suo stato di salute, del suo livello di inclusione e contrasto alle diseguaglianze. Più le biblioteche sono aperte e accessibili e più le città, i loro spazi pubblici e comunitari, sono connesse e capaci di generare fiducia, senso di appartenenza, uguaglianza. Democrazia e cittadinanza consapevole, in ultima analisi.
Si tratta quindi di un libro sulle città e sui cittadini e, in fondo, su quelle infrastrutture sociali che dovrebbero costituire quella trama potente e robusta di occasioni, opportunità, scambi e relazioni che permettono di sostanziare quella “città che cura” di cui parla Manzini: ovvero un ecosistema di persone, organizzazioni, luoghi, prodotti e servizi che, nel loro insieme, esprimono una reciproca capacità di cura” (1).
Ci ricorda Agnoli, infatti, che “il grande tema dei prossimi anni è generare una città capace di cura. Per farlo serve necessariamente una nuova generazione di servizi collaborativi, ben collocati sul territorio, che di queste nuove comunità possono essere stimolo e infrastruttura di supporto (2).
Vi è la consapevolezza, che fa da filigrana a tutto il libro, che parlare di biblioteche significa parlare di futuro, di stato di salute della democrazia, di benessere e welfare, come viene ricordato citando il sociologo E. Klinenberg (3): “il futuro delle società democratiche deve poter contare su spazi condivisi: le piazze, le biblioteche, gli asili nido, i parchi e tutti i luoghi dove si formano connessioni cruciali”.
L’autrice ci propone un viaggio esperienziale in diversi luoghi della conoscenza che sono evoluti o si sono sviluppati come servizi collaborativi e luoghi di cura delle comunità, ampliando e reinterpretando la loro funzione storica – la biblioteca, il libro, la lettura – in modo da favorire relazioni, legami, produzione culturale, processi di cittadinanza attiva.
Intanto ci racconta le biblioteche dalle architetture azzardate e dagli spazi innovativi del Nord Europa che desacralizzano il libro per diventare luoghi delle comunità accessibili, gratuiti e bellissimi. Luoghi in cui la cura e la qualità degli spazi diventano il modo con cui una città, un territorio, un quartiere si racconta e si offre ai suoi cittadini. Luoghi che sono segno di politiche pubbliche forti e definite.
Ad Helsinki le biblioteche rappresentano la seconda voce di investimento pubblico in servizi. Ad Aahrus, in Danimarca, città di 300.000 abitanti con 18 biblioteche di quartiere, nel 2015 si inaugura la nuova biblioteca centrale Dokk1 dopo un processo iniziato nel 1994 durante il quale vengono avviate partnership con le università, si sperimentano nuovi prototipi e nuovi servizi, si valutano le localizzazioni, si lavora all’organizzazione e alla gestione coinvolgendo la città in un processo partecipativo strutturato che permette di concertare nuovi spazi, funzioni e servizi.
“Sono in biblioteca ed aspetto. No, non sono in attesa della consegna di un libro, anche perché sono in una piazza coperta con immense vetrate sul mare e, al centro, un tubo di bronzo di 7.5 metri di lunghezza appeso al soffitto. L’opera d’arte è in realtà un gong (…). Il gong di Dokk1 dimostra meglio di qualsiasi altra cosa perché le biblioteche siano parti necessarie, vitali, dell’infrastruttura sociale: perché con la loro stessa esistenza creano fiducia nel domani” (4).
Si tratta di poderose politiche pubbliche che programmano nuovi luoghi della cultura ritenendoli investimenti di welfare e di benessere della comunità al pari degli ospedali, delle scuole e dei servizi civici.
Alcune esperienze italiane ci fanno tirare un sospiro di sollievo e mitigano il senso di invidiosa impotenza che spesso pervade i policy-maker nostrani: non sempre e non solo il Nord Europa indica una rotta di contemporaneità e produzione di valore culturale innovativo, ma anche alcune città italiane investono risorse economiche, politiche e culturali per ridefinire luoghi e funzioni delle istituzioni culturali, in primis le biblioteche.
È il caso di Bologna – dalla Sala Borsa alla Casa Gialla per esempio – o la Biblioteca OgniBene di Lecce aperta nel 2022 e diventata in breve punto di riferimento per ragazzi e famiglie, per citarne alcune.
Altre biblioteche stanno cambiando pelle anche favorite dai fondi del PNRR. Per esempio è in fase di realizzazione la rigenerazione delle 18 biblioteche di quartiere di Torino – intese come luoghi di prossimità e di servizi della “città dei 15 minuti” – che saranno connesse alla nuova Biblioteca Centrale che sorgerà nei padiglioni Nervi nel parco del Valentino. Progetto che permette di ripensare alle funzioni del sistema bibliotecario nel suo insieme costruendo complementarietà di funzioni e un reticolo di collaborazioni e nuove alleanze. Oppure entro il 2026 sarà realizzata la nuova sede della Biblioteca di Milano, la BEIC, che, grazie al Fondo Complementare connesso al PNRR “Grandi attrattori culturali”, troverà sede all’interno di una grande area urbana periferica, Porta Vittoria, con l’intento di non essere “più una biblioteca tradizionale, dove custodire i tesori di una cultura già consolidata, piuttosto un laboratorio per produrre cultura contemporanea (5).
La nuova generazione di servizi di prossimità promossi dal PNRR – dalle case di comunità alle biblioteche o gli spazi ibridi – potranno essere una straordinaria occasione di ripensamento dei paradigmi della città contemporanea in cui realizzare “luoghi pensati per accogliere questa dimensione di welfare culturale. Edifici costruiti non per durare nel tempo, ma per combattere l’instabilità dei tempi in cui viviamo” (6). Dobbiamo essere consapevoli, però, che questo potrà avvenire soltanto se il progetto si accompagnerà al coraggio di osare nel rompere i confini codificati del consueto, del già fatto, dell’ordinario.
I fondi straordinari del PNRR saranno occasione di cambiamento soltanto se accompagnati da visioni straordinarie sulle funzioni, le alleanze, le modalità di gestione e di engagement della cittadinanza e delle comunità di prossimità in modo che gli involucri, gli edifici ospitino contenuti e un nuovo senso di futuro.
Tuttavia sappiamo che, accanto ad alcune esperienze importanti e significative, persiste nel nostro Paese quella che Agnoli chiama – con una definizione amaramente efficace – “l’indifferenza burocratica” che ostacola il cambiamento, impedisce la nascita o fa fallire i progetti. Sono molte le storie di fallimento da indifferenza, quasi sempre dovute a procedure obsolete, cambi repentini di visioni politiche, stanchezza o allontanamento degli “ultimi eroi”, persone fisiche che tenacemente portano avanti progettualità locali coraggiose, innovative, sensate eppure senza soldi, senza tutela pubblica, senza possibilità di sedimentarle e consolidarle.
È la storia, tra tante, della Biblioteca Grazia Deledda di Vico Santillo, a Ponticelli (7), oppure quella della biblioteca di Rosarno, chiusa perché l’unica bibliotecaria si è dovuta trasferire al Nord ed un presidio culturale pubblico è stato chiuso per sempre. Storie di fallimenti, di intoppi, di fatiche che Agnoli definisce “le storie militanti”: la pervicace passione civile di persone fisiche e non di politiche pubbliche ordinarie, normali, costanti.
Ce ne sono tante di storie così nelle nostre città, negli interstizi della modernità dove le contraddizioni si fanno più forti e più dolorose: ci sarebbe bisogno di tantissimo, tuttavia quello che c’è è il tantissimo della passione civile di alcuni e il pochissimo, estemporaneo, frammentato delle politiche pubbliche.
Agnoli snocciola dati dall’interpretazione incontrovertibile: in Italia ci sono 2.869 comuni senza biblioteche; il fenomeno della dispersione scolastica, dell’analfabetismo funzionale – il 51% dei quindicenni italiani non è in grado di comprendere un testo semplice (8) -, delle povertà educative, delle diseguaglianze socio-culturali dimostrerebbe l’urgenza di un gigantesco, straordinario, continuativo impegno e investimento collettivo.
Ci ricorda l’autrice che “in Italia c’è sempre un po’ il timore di perdere l’identità: nulla di più sbagliato” (9) perché i luoghi della contemporaneità funzionano se c’è un mix di attività diverse, se si mescolano i pubblici e si ibrida l’offerta. Questo vale per tutti i luoghi “comuni” delle città e a maggior ragione vale per le biblioteche dove è imperativo ed urgente costruire nuove alleanze con altri servizi culturali e sociali: “dobbiamo progettare le nuove Case di quartiere, le Case di Comunità o case della salute insieme a biblioteche/centri culturali: caffetteria, spazi per attività comunitarie, laboratori, libri, il museo comunale, la palestra, gli studi medici. Salute, cura, benessere, cultura negli stessi spazi e in un unico progetto” (10).
Il saggio di Antonella Agnoli, che ha una lunghissima storia di militante delle politiche pubbliche (mi permetta questa definizione, l’autrice, come tributo alla sua esperienza e al suo sguardo), ci consegna materiale prezioso per riflettere e fare scelte strategiche ed operative a tutti i livelli. Per non perdere occasioni, per disegnare futuri possibili, per non caricare solo sulle spalle degli “ultimi eroi” – siano essi coraggiosi bibliotecari, attivisti civici, insegnanti che non rinunziano al loro ruolo pedagogico ed educativo, policymaker appassionati – la responsabilità di sanare le ferite di un presente incerto, diseguale, affaticato e dolente.
NOTE
- Manzini (2021), Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti
- Agnoli (2023), La casa di tutti, pag 55
- Klinenberg (2019), Palaces for the People: How Social Infrastructure Can Help Fight Inequality, Polarization, and the Decline of Civic Life
- Agnoli, ibidem, pag 9
- MIC, schede progetto Grandi attrattori culturali
- Agnoli, ibidem, pag 62
- Agnoli, ibidem, pag 38, 39
- Rapporto Save the Children 2022
- Agnoli, ibidem, pag 67
- Agnoli, ibidem, pag 68