Piazza Foroni, la Puglia di Torino: nel mercato l’anima vera della città che entra nel futuro restando unita
Quando ho bisogno di pensare io vado in un mercato e passeggio tra i banchi. Mi fermo a chiacchierare se incontro qualcuno che conosco ma più spesso scivolo via perché mi viene una sorta di frenesia se non lo percorro tutto e poi torno indietro. Scelgo a seconda dell’umore: i mercati di Torino offrono tutti atmosfere diverse e si può annusare la vita. Compro sempre qualcosa – un chilo di fragole, le cime di rapa che mi hanno insegnato a cucinare o una maglietta scolorita – perché appaga la mia voglia di shopping dandomi l’esilarante sensazione di aver fatto l’affare della vita. Mi perdonino i negozi fissi, i centri commerciali: la mia terapia, da sempre, sono i mercati. Quelli dell’usato, degli Operatori dell’Ingegno, del vintage, della frutta e verdura, dei salami appesi e dei formaggi stagionati. Tutti.
I mercati, però, sono luoghi complicati. Il loro equilibrio si regge sulla continua interazione tra regole non scritte e regole amministrative, flussi e abitudini dei clienti, sottili e impercettibili relazioni tra il dentro e il fuori del mercato. Prima dell’architettura, per intervenire sui mercati, ci vorrebbe l’antropologia, l’osservazione della loro vita interna ed esterna. Gli orari, i passaggi, i posteggi dei banchi, la viabilità intorno, il parcheggio dei mezzi, il carico e scarico, l’approvvigionamento, la relazione con il commercio fisso, la relazione con i residenti, i passi carrabili, i magazzini dei carretti o delle plance, la pulizia, la raccolta dei rifiuti.
In realtà i mercati sono l’apoteosi della complessità urbana e si reggono su equilibri stratificati negli anni. Ogni variazione ha una conseguenza. La chiusura al traffico di una strada anche a un chilometro di distanza, l’apertura di un dehor, lo spostamento anche minimo della pianta del mercato. Ogni conseguenza, prima di essere riassorbita, viene discussa, urlata, denunciata, contestata. I mercati sono l’apoteosi dell’individualismo commerciale e della solidarietà. Spesso prevale l’uno sull’altra e si zoppica tutti. Altre volte, sempre più spesso, si scommette sul cambiamento tutti insieme: e allora le potenzialità sono infinite. Perché quando i mercati sono consapevoli di essere una comunità che perde o vince soltanto se sa stare insieme, si produce innovazione, creatività e sviluppo.
Sempre di più, alcuni mercati si interrogano su quali servizi complementari offrire: la spesa a domicilio, lo spazio bimbi il sabato per accogliere le famiglie, la prenotazione della spesa via mail e il passaggio veloce con il sacchetto già fatto. In alcuni casi si riesce persino a farle, le cose che vengono in mente. Queste discussioni, per esempio, si fanno in Piazza Foroni: cuore di Barriera di Milano. Mercato pugliese, anzi prevalentemente cerignolano: olive, lampascioni, cime di rapa, fave, burrata, taralli. Intorno, un commercio fisso abbastanza potente; in mezzo, un labirinto di banchi. Una clientela fedele ma invecchiata, mischiata con i nuovi flussi degli abitanti di Barriera. Da 20 anni, più o meno, si discute di risistemarlo perché così non regge più. Tutti sono consapevoli che rimetterlo a posto significa intervenire a cuore aperto su un malato ancora vitale. Se non lo si fa, prima o poi muore. Se lo si fa, ci si assume i rischi di un’operazione sbagliata.
Urban 3 è stata l’occasione: si interviene sul mercato tentando di cambiarlo senza cambiarlo. Praticamente il Gattopardo, fatto progetto di riqualificazione. Ci sono stati mesi di discussione, planimetrie modificate, ipotesi di redistribuzione rivisitate, pozzetti, marciapiedi larghi senza furgone o viceversa, prese di corrente, distanza dal filo fabbricato, accorpamenti merceologici. La città e la Circoscrizione hanno condotto il gioco, gli operatori commerciali ci sono stati, il quartiere ha discusso, la politica ha detto la sua. E’ nata l’associazione che ha messo insieme il commercio fisso e ambulante. Hanno deciso di essere comunità e non somma di singoli concorrenti. Hanno deciso che i concorrenti sono gli altri e la competizione va fatta restando uniti. Sarebbe bello che anche il centro-sinistra imparasse la lezione, vien da pensare.
A fine anno cominceranno i lavori. Nel frattempo si sogna il realizzabile: wi-fi free che consenta di sviluppare servizi on line per il commercio e l’acquisto, webcam che riprendano le merci visibili in streaming, promozione commerciale, servizi a domicilio magari fatti dai ragazzi inoccupati di Barriera che si muovano in bicicletta. Si sogna, tutti insieme, perché entrare nella modernità significa immaginare il futuro senza averne paura. Un Gattopardo finalmente capace di trasformare senza cambiare. L’anima di un quartiere, intanto. Perché senz’anima, si sa, non si va molto lontano.