Politik als Beruf – la politica come professione. Parla Weber
Max Weber, interrogandosi sul significato della politica come professione, delinea alcune categorie fondamentali per la definizione di un politico. Questa volta faccio parlare lui, letteralmente. Alla fine della lettura si capisce cosa c’è da cambiare, cosa non funziona e quanta maturità collettiva ci voglia per pretendere una democrazia matura.
“Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l’uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza.
Passione nel senso di Sachlichkeit: dedizione appassionata a una “causa” (Sache) […]
La passione non crea l’uomo politico se non mettendolo al servizio di una “causa” e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appunto di questa causa, la guida determinante dell’azione.
Donde la necessità della lungimiranza ossia della capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore: come dire, cioè, la distanza tra le cose e gli uomini.
La “mancanza di distacco” semplicemente come tale, è uno dei peccati mortali di qualsiasi uomo politico e una di quelle qualità che, coltivate nella giovane generazione dei nostri intellettuali, li condannerà all’inettitudine politica.
E il problema è appunto questo: come possono coabitare in un medesimo animo l’ardente passione e la fredda lungimiranza?
La politica si fa col cervello e non con altre parti del corpo o con altre facoltà dell’animo. E tuttavia la dedizione alla politica, se questa non dev’essere un frivolo gioco intellettuale ma azione schiettamente umana, può nascere ed essere alimentata soltanto dalla passione.
Ma quel fermo controllo del proprio animo che caratterizza il politico appassionato e lo distingue dai dilettanti della politica che semplicemente “si agitano a vuoto”, è solo possibile attraverso l’abitudine alla distanza in tutti i sensi della parola.
La “forza” di una “personalità” politica dipende in primissimo luogo dal possesso di doti siffatte.
L’uomo politico deve perciò soverchiare dentro di sé, giorno per giorno e ora per ora, un nemico assai frequente e ben troppo umano: la vanità comune a tutti, nemica mortale di ogni effettiva dedizione e di ogni “distanza”, e, in questo caso, del distacco rispetto a se medesimi. La vanità è un difetto assai diffuso, e forse nessuno ne va del tutto esente. […]
Giacché si danno in definitiva due sole specie di peccati mortali sul terreno della politica: mancanza di una “causa” giustificatrice e mancanza di responsabilità (spesso, ma non sempre, coincidente con la prima).
La vanità, ossia il bisogno di porre in primo piano con la massima evidenza la propria persona, induce l’uomo politico nella fortissima tentazione di commettere uno di quei peccati o anche tutti e due.
Tanto più, in quanto il demagogo è costretto a contare “sull’efficacia”, ed è perciò continuamente in pericolo di divenire un istrione, come pure di prendere alla leggera la propria responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi soltanto “dell’impressione” che egli riesce a fare.
Egli rischia, per mancanza di una causa, di scambiare nelle sue aspirazioni la prestigiosa apparenza del potere per il potere reale e, per mancanza di responsabilità, di godere del potere semplicemente per amor della potenza, senza dargli uno scopo per contenuto. […]
Ma appunto perciò non deve mancare all’azione politica questo suo significato di servire a una causa, ove essa debba avere una sua intima consistenza.
Quale debba essere la causa per i cui fini l’uomo politico aspira al potere e si serve del potere, è una questione di fede.
Egli può servire la nazione o l’umanità, può dar la sua opera per fini sociali, etici o culturali, mondani o religiosi, può essere sostenuto da una ferma fede nel “progresso” non importa in qual senso – oppure può freddamente respingere questa forma di fede, può inoltre pretendere di mettersi al servizio di una “idea”, oppure, rifiutando in linea di principio siffatta pretesa, può voler servire i fini esteriori della vita quotidiana – sempre però deve avere una fede.
Altrimenti la maledizione della nullità delle creature incombe effettivamente – ciò è assolutamente esatto – anche sui successi politici esteriormente più solidi.”
Max Weber, la politica come professione, 1919