12
Mar
2011
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Pluralismo religioso e politiche pubbliche: la realtà torinese

Il tema del pluralismo religioso e del rapporto tra dimensioni religiose diverse  entra spesso nel discorso pubblico in modo violento, utilizzato per agitare gli spettri degli scontri di civiltà e della  perdita di identità culturale; spesso il tema della laicità è declinato per eludere la domanda di riconoscimento di identità religiose plurime ormai presenti in modo evidente nelle nostre società locali. Urge ribadire che il tema della laicità delle Istituzioni è cardine fondante della nostra comunità civile e non gentile concessione legata all’arbitrio della politica.

Il tema, però, assume caratteri di attualità e contingenza quando si tratta di individuare, a livello locale, strumenti e percorsi che definiscano spazi di libertà e di mutuo-rispetto soprattutto alla luce della presenza di “nuovi cittadini” che diventano portatori – nella pratica della vita quotidiana – di sensibilità, esigenze e bisogni “nuovi”.

Il riconoscimento del pluralismo religioso è uno degli elementi caratterizzanti di politiche pubbliche volte a sostenere e a accompagnare i processi di integrazione e di inclusione di una parte rilevante di abitanti di un territorio, siano essi cittadini italiani oppure no .E’ uno degli elementi che dovrebbero orientare il decisore politico al di là delle sue convinzioni e della sua appartenenza identitaria, politica o religiosa. La laicità si impone, innanzitutto, a chi ha responsabilità di governo.

Affermare il tema della laicità delle istituzioni pubbliche significa attuare politiche ragionevoli di attuazione dei principi costituzionali, che riconoscono la libertà di culto all’interno di un quadro condiviso di principi fondamentali. La Costituzione della Repubblica Italiana ci offre il quadro dei principi fondanti del nostro essere comunità nazionale, cittadini capaci di coabitare e coesistere nel rispetto delle differenze e delle libertà.

Torino ha da tempo avviato politiche e progettualità che riconoscono il pluralismo religioso come elemento di dialogo, mutuo riconoscimento, rispetto e relazione tra le diverse comunità religiose presenti in città.

Le minoranze religiose autoctone (in particolare valdese e protestante, la comunità ebraica e quella degli italiani di fede islamica), così come la religione cattolica maggioritaria sono impegnate nel promuovere dialogo e iniziative comuni e in molti casi sono e sono state capaci di accompagnare processi di crescita di altre comunità religiose.

Questi elementi costituiscono un “capitale sociale” importante, che investe risorse intellettuali e disponibilità nel costruire una città aperta, tollerante e plurale.

Al di là di questo, è indispensabile e necessario affrontare il tema dei luoghi di culto in modo sistematico, legittimo sul piano formale e capace di riconoscere dignità e autorevolezza alle religioni presenti sul territorio.

Questo, tenendo fermo il principio della laicità dello Stato e delle Istituzioni pubbliche e del fatto che gli enti locali non “costruiscono” luoghi di culto con risorse pubbliche, ma devono promuovere ed accompagnare a farlo le comunità che lo desiderino.

In particolare questo tema è rilevante ed urgente per quanto riguarda l’Islam Torinese. Il cd.’arcipelago islamico è numericamente il più consistente (più di  25.000 potenziali fedeli), differenziato per origine nazionale (a Torino è preponderante la presenza marocchina), sociale, di prima e seconda generazione etc.

Definito “un islam dei praticanti ed una presenza plurale”; sono meno di 10 i centri islamici più frequentati e con attività pubbliche ed associative. Generalmente gli spazi sono insufficienti, non adatti ad ospitare un grande numero di persone, poco dignitosi per chi li frequenta per la promiscuità con altre attività limitrofe (bassi fabbricati in mezzo ai cortili, appartamenti, esercizi commerciali vuoti etc.).

In alcuni casi anche la loro vita interna risente di una certa improvvisazione sia dal punto di vista teologico sia da quello della conoscenza dell’ordinamento civile e associativo.

Esse vengono frequentate da  un po’ più di un migliaio di persone (meno del 10% dei musulmani presenti a Torino) mentre per le due grandi feste religiose islamiche vedono radunarsi un numero superiore di fedeli.

Negli ultimi anni si sono avviati tavoli di coordinamento e di confronto tra la maggior parte dei Centri Islamici cittadini, che hanno promosso alcune iniziative comuni volte a far conoscere ai cittadini torinesi la realtà islamica. Si sono organizzati corsi di formazione, seminari sulla Costituzione italiana, attività in collaborazione con il tessuto associativo cittadino

Sono questi segnali importanti di consapevolezza e maturazione, segno di un processo di integrazione sociale e culturale inevitabile e importante.

Crediamo  indispensabile far uscire le comunità islamiche dalle moschee/garages e ricondurre ad un livello di dignità la possibilità di esercitare il proprio culto e la propria fede. Questa politica attenta e dialogante crediamo sia giusta ma anche conveniente: inclusione, dialogo, percorsi condivisi, rapporto con le Istituzioni sono il segno di una città che, in tutte le sue componenti – comprese quelle arrivate di recente – si interrogano sul futuro e si pongono

La scelta politica di questa Amministrazione è di essere interlocutore attento e disponibile a tessere fili di relazione e interessato a costruire percorsi di cittadinanza inclusivi, capaci di affrontare le sfide della modernità. La storia della Moschea di Via Urbino si inserisce in questo solco e costituisce un modello, anche giuridico, per aprire una strada inclusiva, aperta, legale e rispettosa dei principi costituzionali. In attesa che il dibattito pubblico e certa politica  affrontino i problemi invece di agitarli.

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